Francesco e Giacomo
Li chiamavano “i Francesi”. Il bambino con la bici gialla non ne aveva mai capito il motivo, quindi, come di consueto, si era creato lui la storia. Si era dunque immaginato che i due fratelli, separati da meno di dodici mesi, fossero stati soldati nel 1940, quando l’esercito italiano occupò vilmente Mentone. Per quell’azione, al ritorno a B., furono chiamati così per le loro gesta oltralpe. La storia sembrava reggere, sebbene non avesse alcun fondamento o prova concreta.
Anche la loro enorme cascina era detta “dei Francesi”. Si trovava nell’unica area vagamente pianeggiante e fertile del paese ed era circondata da terreni rossi e grigi che garantivano raccolti regolari, anche se non sempre abbondanti. Il bambino con la bici gialla sapeva molto poco di loro, se non che non si erano mai sposati, che andavano a messa una domenica ciascuno per non dover fare una doppia offerta, che nella loro casa non c’era acqua corrente, né elettricità, che vivevano, insomma, una vita da miserabili. Gli facevano pena e, in qualche modo, ne era attratto, tanto da avventurarsi ogni tanto nel loro cortile per osservarli mentre badavano agli animali o giravano il fieno. Loro gli rivolgevano rare parole, ma non erano scortesi con lui. Rispondevano alle sue incessanti domande ed erano arrivati a offrirgli qualche nocciola o una mela acidula e una volta persino una fettina di pane imbevuta di aceto. Gli piaceva andare da loro verso l’ora del tramonto, quando l’odore della terra o dell’erba tagliata raggiungeva la massima sfacciataggine e aspettare che si facesse sera per vederli accendere il lume a petrolio. Questo all’inizio degli anni Ottanta. Del Novecento.Il bambino con la bici gialla non capiva bene come fosse possibile che Cicu e Giacu, come erano conosciuti da tutti, vivessero come un secolo prima, pur disponendo di così tanti terreni, di diverse case e di innumerevoli animali.
Parte del mistero gli fu svelata da Massimo, mentre pescavano insieme alla Buca, un piccolo specchio d’acqua sorgiva che era un tempo utilizzato dalle lavandaie di B. e che fu poi convertito a piccola peschiera, anch’essa di proprietà dei Francesi. “Vedi”, disse Massimo, “le cose cambiano, se le guardi da una prospettiva diversa. Ti faccio un esempio: normalmente si pensa che siano i pesci a cibarsi di larve come questi giani-n, non è vero?” Il bambino con la bici gialla annuì. “Ora guarda qui.” Massimo prese una reginetta che aveva appena pescato e la buttò nel contenitore delle esche. “Adesso ti racconto una storia su Cicu e Giacu”. “Circa fino a 20 anni fa i due fratelli vivevano nella cascina insieme alla mamma, ormai anziana. Una sera la vecchia si sentì male. L’unico telefono pubblico disponibile era all’osteria, ma avrebbero dovuto pagare per la telefonata e avevano il sospetto che anche l’ambulanza fosse a pagamento. Nel dubbio, attesero le 7.40 del mattino successivo, quando sarebbe passato il pullman per la città. Acquistarono due biglietti, uno per la mamma e uno per Giacu. Cicu li seguì in bicicletta. La mamma giunse morta in ospedale, ma almeno avevano risparmiato i soldi di una telefonata e di un biglietto del pullman. Quando giunsero a casa trovarono una lettera proveniente dalla banca. Il direttore li invitava a una serata di gala in cui sarebbero stati premiati come primi clienti ad aver raggiunto la cifra di 1 miliardo di lire sul loro conto. Come vedi, basta cambiare il punto di vista, per cambiare opinione: per l’autista dell’autobus Cicu e Giacu non erano altro che due straccioni, mentre per il direttore della banca erano clienti illustri e rispettabilissimi. Ricordi la questione del pesce che mangia le larve?”. “Sì”, disse il bambino con la bici gialla. Massimo infilò la mano nel contenitore dei giani-n ed estrasse la lisca della reginetta. “Ne sei ancora sicuro?”.
Nonostante Massimo, il bambino con la bici gialla continuò a fare visita di tanto in tanto ai Francesi, raggiungendo un discreto livello di confidenza. Cicu gli aveva svelato un sentiero che portava a un’altra piccola peschiera, nascosta da un muro di lillà, perché sapeva che quel bambino amava raccogliere mazzi giganteschi di quei fiori, da regalare a parenti e amici scelti. Questo gesto aveva definitivamente cementato il loro rapporto. Si erano così messi d’accordo di incontrarsi due volte a settimana: Cicu e Giacu gli avrebbero raccontato storie del loro passato cristallizzato e indicato percorsi poco noti in quella campagna profumata e il bambino con la bici gialla avrebbe raccontato loro quello che accadeva nel mondo, almeno secondo la TV e i giornali. Questi incontri, davanti a un bicchiere di acqua e zucchero e a qualche frutto, andarono avanti fino a quando la bici gialla non divenne troppo piccola.
Cicu morì in seguito a una caduta dalla scala a pioli, mentre potava un melo secco per tre quarti. Al suo funerale erano presenti in tre, compreso il prete e il protagonista. Giacu si ammalò di polmonite, ma non lo seppe nessuno finché il postino non decise di sfondare la porta malandata, per scoprirlo riverso nel letto, in compagnia di discendenti di quei giani-n. Anche al suo funerale i presenti non erano più di tre. La cascina dei Francesi è ancora lì, ma sta cadendo a pezzi, da qualsiasi prospettiva la si guardi.